Storia di Erika
“Pedalavo come se fuggissi e in realtà fuggivo… da lei, da quelle emozioni, dai sogni, dai ricordi, da tutto; e pensavo che dovevo dimenticare. Ero certo che sarei riuscito a dimenticare, ma oggi che sono vecchio, che ho consumato banalmente la vita, che ho conosciuto tante donne che mi hanno detto “ricordati di me” e io le ho scordate tutte, ancora oggi è lei, l’unica che non ho mai dimenticato: Malèna”. (Dal film Malèna, di Giuseppe Tornatore).
Si dice che un’immagine sia in grado di descrivere un concetto molto più efficacemente di mille parole… ma sarà vero?! Io non ne sono poi così convinto.
Questa è la Storia di Erika. Questa è la storia di un uomo e di una donna, ma soprattutto di un uomo. E’ un tentativo di raccontare attraverso una serie di fotografie una bellissima ossessione d’amore. Sebbene l’accostamento di un aggettivo come “bellissima” al sostantivo “ossessione” possa sembrare contradditorio, mi piacerebbe che ognuno di noi, per un istante, si soffermasse a riflettere sui propri trascorsi nello sforzo di richiamare alla memoria una fase particolarmente felice della propria esistenza: la giovinezza, gli anni del liceo o dell’università, un viaggio in moto, un’estate indimenticabile. Con ogni probabilità, questo specifico lasso temporale coinciderà con il ricordo di qualcuno a cui si è voluto straordinariamente bene, un persona speciale, un grande, grandissimo amore: “[…] le maggiori sofferenze e i maggiori dolori che riusciamo a provare e a provocare negli altri si hanno prevalentemente nell’amore e non ci sono altre esperienze che possano eguagliare quella del tormento che arrechiamo o che riceviamo in questa dimensione”[1]; “[…] eppure a pensarci bene non c’è niente di meno naturale di questa sensazione di vivere e poter vivere soltanto alla luce di un’altra persona”[2] . “Quando nasce un amore…. è l’universo che si svela”[3]. Di questo sono convinto.
Erano circa le tre del pomeriggio del 7 settembre 1994 quando lui la vide per la prima volta e da quell’istante non smise mai di amarla e non smetterà mai di farlo. Sono convinto anche di questo. Così come non smetterà mai di ascoltare quelle canzoni che nella sua testa ha associato a lei e alla loro platonica, immaginaria e personalissima storia d’amore. La Storia di Erika è, probabilmente, un resoconto un po’ stravagante e dai toni enfatici di quanto si possa illudere un certo tipo di natura umana se predisposta a ricercare il senso della propria esistenza e tenti, in qualche modo, di addossare tutte le sue disperazioni all’unico conforto che ritiene possa rinfrancarla: l’amore dell’anima e per l’anima.
“L’Anima esprime la vita ed è l’archetipo della vita stessa”[4]; la sua ri-scoperta si estrinseca attraverso il risveglio delle emozioni, della fantasia e dei sogni, “nel recupero di un destino mitologico che sovrasta e supera il personalismo e, tuttavia, ci fa ri-nascere come individui unici ed irripetibili, slegati dai vecchi modi e morti ad un mondo di proiezioni”[5].
“La vita viene all’uomo attraverso l’anima, sebbene egli pensi che gli venga attraverso l’intelletto. Egli domina la vita per mezzo dell’intelletto, ma la vita vive in lui attraverso l’anima”[6].
Questo tentativo di narrazione iconografica costituisce una sorta di grossolana prova in cui ho voluto cimentare il mio “genio artistico” allo scopo di comprendere se la strada da me intrapresa fino a questo momento valga la pena di essere seguita fino in fondo oppure abbandonata al primo bivio in cui mi capitasse d’imbattermi; chi vivrà….
In ogni caso e comunque la si voglia considerare, la Storia di Erika è una descrizione del mondo interiore a cui un uomo decise di abbandonarsi semplicemente osservando la più bella creatura che Dio avesse mai mandato sulla Terra.
Erika era l’amore puro, asessuato, idilliaco, disinteressato che il poeta nutre nei confronti della propria Musa ispiratrice, che il bambino prova per la madre, che l’Io inconscio proietta nell’anima….
Rappresentava la sua sostanza complementare, la “natura ideale dell’altro” a livello inconscio e, come tale, non era sostituibile in alcuna delle sue funzioni; in una parola: unica. La sola donna che avesse mai incontrato in grado di risvegliare in lui le sensazioni del primo amore, ma allo stesso tempo persino capace di amplificarle un milione di volte. Era il tremolìo delle sue ginocchia non appena si accorgeva della sua presenza, il ritmo accelerato del suo battito cardiaco quando la riconosceva in lontananza, la gioia che lo riempieva tutto ogni qual volta il suo pensiero si soffermava sui raffinati lineamenti del volto di lei. Lo ieratico incedere del suo passo poi, così come la delicatezza che distingueva ogni sua postura contribuivano ad arricchirne il fascino, l’illusione e l’ossessionante inquietudine. Erika incarnava quell’ideale aristocratico di purezza che aveva sempre sognato e sperato di trovare in ogni persona con cui quotidianamente aveva a che fare…. il ramoscello cristallizzato nelle miniera abbandonata di salgemma, a Salisburgo[7]
11 giugno 2003
[1] [Carotenuto, A., Eros e Pathos – Margini dell’amore e della sofferenza, Tascabili Bompiani; Milano, 1987; p.31]
[2] [Carotenuto, A., ibidem; p.31]
[3] [Dalla canzone di A. Oxa Quando nasce un amore, di P.Cassano – F.Ciani – A.Cogliati; 1988]
[4] [Jung, C.G., Gli archetipi e l’inconscio collettivo – op. compl. vol. IX, tomo I; Boringhieri; Torino, 1976]
[5] [Jung, C.G., ibidem]
[6] [Hillman, J., Anima , coll.: Gli Adelphi; Adelphi, Milano, 2002]
[7] [Stendhal, De l’amour, 1822 (trad. it., Dell’amore, Bertelà M., Garzanti ; Milano, 1980 ; pp. 8-10]
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