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“Le luci di New York” di Saul Leiter. Allo Spazio Forma | Club Fotografia

“Le luci di New York” di Saul Leiter. Allo Spazio Forma

di Elisabetta Spinelli

Harlem, 1960 (ph.: S. Leiter, courtesy of internazionale.it)

Le Luci di New York, la mostra realizzata in collaborazione con la Galleria Howard Greenberg di New York, presenta una selezione straordinaria e inedita di fotografie in bianco e nero, a colori, quadri astratti e figurativi oltre a una serie di splendide polaroid dipinte.

La filosofia del vero fotografo di strada, quello che lascia lo studio per correre lungo i marciapiedi e cercare il ritmo della città nelle insegne al neon o nei visi dei passanti, sembra disegnata su misura per Saul Leiter. Americano di Pittsburgh, classe 1923, Leiter è attratto già durante l’adolescenza dalla pittura.

Lascia ben presto gli studi da rabbino e il destino che la famiglia aveva progettato per lui e si sposta a New York dove continua la sua ricerca pittorica.

La visita a una mostra di Cartier-Bresson, nel 1947, deciderà il suo futuro: si procura una Leica e senza trascurare mai del tutto la pittura, comincia a percorrere la città di New York e a fermare in immagini straordinarie, prima in bianco e nero, poi anche a colori, le atmosfere, gli sguardi e gli incontri occasionali, perfino i profumi e gli odori, della metropoli.

“Lo spazzino”. S. Leiter, 1960 (courtesy of nationalgeographic.it)

Leiter ha collaborato a lungo, soprattutto come fotografo di moda, con riviste come Life o anche Harper’s Bazaar, Elle, Nova, Vogue e Queen e in questi anni non ha mai smesso di osservare e di lavorare sulla visione. O meglio, sulle tante, possibili visioni che una vita di osservatore professionista gli offre.

Le sue trasparenze sono sofisticatissime e semplici, come i titoli delle foto: “suole”, “semaforo rosso”, “cappello di paglia”… Perché è proprio un particolare, sistemato magari al lato estremo dell’inquadratura, che rende significativo quello scorcio, quello sguardo, quel lampo di luce, quella particolare giornata. E poi, quando i titoli non bastano più, ci saranno tante foto chiamate semplicemente strada, strada, strada: palcoscenico straordinario, regno del voyeurismo e del distacco.

Taxi, New York City, 1957 (ph.: S. Leiter, courtesy of exibart.com)

“Ancora oggi, non ho perso il piacere di osservare le cose e ammirarle e scattare fotografie o dipingere. A volte, mi sveglio nel mezzo della notte e prendo un libro di Matisse, o di Cézanne o Sotatsu. Un dettaglio che non avevo notato prima, di colpo attrae la mia attenzione. Dipingere è magnifico. Quando mi stendo sul letto penso alla pittura. Amo fotografare ma la pittura è un’altra cosa. Ho sempre fotografato in modo molto libero, senza avere in testa nessuna particolare immagine, fotografia o dipinto, che sia. Chi vede i miei dipinti pensa che esiste una relazione tra l’uso del colore nei miei quadri e nelle fotografie. … Cerco di rispettare determinate nozioni di bellezza anche se per qualcuno si tratta di concetti vecchio stile. Certi fotografi pensano che fotografando la miseria umana, puntano i riflettori sui problemi seri. Io non credo che la miseria sia più profonda della felicità”. Saul Leiter

dal 22 giugno al 16 settembre 2012 alla Fondazione Forma per la fotografia – piazza Tito Lucrezio Caro, 1 a Milano.

Sito della mostra presso lo Spazio Forma.

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