La Sezione Aurea in fotografia: Il “falso mito” ed il suo “surrogato” compositivo: la regola dei terzi
Eccoci (finalmente!) all’argomento clou di questa serie di articoli: la sezione aurea impiegata in fotografia. Premettiamo subito che trattandosi di un “falso mito” in qualsiasi altro campo di sua applicazione, il cosiddetto canone estetico rappresentato dalla sezione aurea, anche in fotografia, manifesta tutti i suoi limiti.
Innanzitutto diciamo che la presenza del rapporto aureo in alcune opere d’arte è frutto più del caso che non di scelte precise. In secondo luogo è plausibile che tale presenza risieda più nell’occhio di chi la sta cercando, che non effettivamente in ciò che si sta osservando. Un esempio eclatante in questo senso ce lo danno proprio il Codice da Vinci e molti dei sostenitori della sezione aurea nei dipinti “ermetico-iniziatici” di Leonardo (che Leonardo fosse un “illuminato” non ci piove; che abbia realizzato opere fuori dal comune nemmeno, ma non esageriamo per favore… non cerchiamo di vedere le cose dove non ci sono!). Infatti, proprio in pittura, la presenza o meno della sezione aurea sembra essere una delle cose più difficili da dimostrare: in che punto iniziare le misurazioni sul volto della Monna Lisa? Sotto l’attaccatura dei capelli? Sopra il mento?! Mah?!? Come fa notare Mario Livio nel suo libro “La sezione aurea“, probabilmente se uno volesse trovare a tutti i costi un rettangolo aureo in un’opera d’arte gli basterebbe variare i punti di riferimento. E in effetti in molti casi riportati dai sostenitori del rapporto aureo non si capisce bene perché i lati e i vertici del rettangolo vengano fatti combaciare con certi punti dei dipinti e non con altri (anche per le opere architettoniche vale lo stesso discorso: ad esempio il Partenone, probabilmente l’opera più citata in assoluto come esempio della presunta applicazione del rapporto aureo nei tempi antichi, viene di solito rappresentato con il rettangolo aureo che circoscrive la facciata, escludendo il basamento…)[1]. E’ ancora oggi una questione alquanto controversa, oltre che una missione impossibile dal punto di vista pratico… perciò non ci perderei più di tanto tempo.
Ciò che sostengo io è questo: la sezione aurea è un ottimo modello compositivo, ma non è migliore di altri. Non è “dentro di noi”, come crede qualcuno. Diciamo piuttosto che dentro di noi ci sono degli schemi estetici che corrispondono a sei mila anni (e forse molto di più) di storia dell’uomo e che ci consentono di stabilire “epidermicamente” se qualcosa ci piace più di qualcos’altra; pertanto non è assolutamente una caratteristica genetica della nostra specie: a Guidobaldo potrebbe piacere un’immagine composta secondo il rapporto aureo, ma a Clitennestra no! E’ questione di gusti. Verifiche maggiormente rigorose degli esperimenti condotti da Fechner lo hanno ampiamente dimostrato: la sezione aurea non possiede particolari qualità estetiche, né le persone la preferiscono necessariamente ad altri metodi compositivi.
Per quanto riguarda la fotografia, diciamo subito che l’applicazione della legge del rapporto aureo è affidata ad un suo “surrogato”, la Regola dei Terzi: sovrapponendo all’immagine un reticolo “ideale” composto da due linee orizzontali e due verticali (dette “linee di forza“) che siano equidistanti tra loro e dai bordi (rispettivamente orizzontali e verticali) dell’immagine stessa, otteniamo nove settori più o meno uguali (dipende dal formato con cui stiamo lavorando): il settore determinato dal riquadro centrale, quello nel cuore dell’immagine, si definisce “sezione aurea” e i suoi quattro angoli “punti focali” (1, 2, 3 e 4). Solitamente, chi osserva un’immagine si concentra su uno di questi punti dopo aver dato il primo sguardo alla parte centrale e, pertanto, è possibile che da essi raccolga maggiore informazione visiva (posizionando il soggetto al centro dell’inquadratura, oltre ad ottenere una foto “brutta”, rischiamo che l’occhio dell’osservatore si fermi lì, evitando conseguentemente di dare peso al resto dell’immagine).
Perché dico che si tratta di un “surrogato”? La divisione dell’immagine in terzi determina un’approssimazione piuttosto lontana dal valore effettivo di phi (che, ricordiamolo, corrisponde a 1,618033…), inoltre i differenti formati di pellicole e sensori non consentono di definire uno “standard” vero e proprio del rapporto aureo in fotografia. Comunque sia, siamo tutti d’accordo che un’immagine strutturata secondo questi canoni conduca ad un risultato finale complessivamente gradevole e in molti casi persino migliore di altre soluzioni (anche se non è l’unico possibile).
In questo e nei successivi articoli sul tema della sezione aurea presenteremo diversi esempi di immagini che più o meno rispettano la regola aurea, molte delle quali scattate dal sottoscritto. Vi confesserò una cosa: alcune foto sono così perché ho voluto che fossero così, altre soltanto perché il buon senso e un certo gusto estetico che mi deriva da un po’ di esperienza hanno fatto sì che fossero così. Non so se ci siamo capiti…
————————————————————————————————————————
[1] [Alessandro Zocchi, http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=101948]
Pingback: Punti d’interesse: 6 elementi fondamentali per guidare l’occhio dell’osservatore @ Fotosservando
Pingback: Navigando…. | FotoClub Este