La fotografia del Giappone, 1860-1910. A Venezia
di Elisabetta Spinelli
La mostra porta, per la prima volta in Italia, l’affascinante selezione di oltre 150 stampe fotografiche originali, realizzate dai grandi interpreti giapponesi ed europei di quest’arte agli albori della storia della fotografia, fra il 1860 e i primissimi anni del Novecento, quando raffinati fotografi riuscirono a unire una forma espressiva di avanguardia con la tradizione delle grafiche giapponesi.
Sono esposti i capolavori di uno dei più importanti capitoli della storia della fotografia – nata in Europa ma subito sperimentata in Giappone – proprio nel periodo in cui, abbandonando un isolamento che durava da trecento anni, il Paese del Sol levante si apriva all’America e all’Europa, influenzando, con le immagini e le espressioni della sua creatività, il gusto dell’intero Occidente. Le opere esposte sono di alcuni tra i grandi fotografi delle origini, primo fra tutti l’inglese Felice Beato (1833 – 1907) che, con un piccolo gruppo di artisti giapponesi, diede vita a uno stile, chiamato Scuola di Yokohama e a una tecnica particolare. Questi personaggi riuscirono a unire la fotografia, la forma artistica più d’avanguardia di quel tempo, con la tradizione delle grafiche giapponesi, realizzando stampe fotografiche su carta all’albumina delicatamente colorate singolarmente a mano da raffinati artigiani.
Le immagini, destinate prevalentemente ai viaggiatori stranieri, offrivano rappresentazioni del paesaggio e della cultura giapponese, con una funzione che è sostanzialmente quella di produrre souvenir di viaggio e della memoria esotica. Tale genere esprime uno stile fortemente riconoscibile che non trova eguali nel mondo per la qualità dell’interazione fra la tecnica di stampa, la raffinatezza della ricerca fotografica e la finissima colorazione che, in alcuni casi, produce un risultato finale vicino a quello delle moderne fotografie a colori.
Il percorso espositivo, organizzato per sezioni, indaga la rappresentazione del paesaggio e la natura “educata” dalla cultura, il gusto dell’esotismo e il profondo rapporto tra la fotografia e le stampe del ukiyo-e, l’immagine della donna còlta nei molteplici aspetti della bellezza sublime, come in quello dei mestieri e delle attività della casa, della bottega e dei campi; e anche della “donna di piacere”, ritratta nei quartieri a luci rosse chiamati “città senza notte”. O ancora, l’analisi degli stereotipi dell’immagine maschile, dai samurai ai bonzi, dai lottatori di sumo a tutti gli interpreti quotidiani di una realtà ideale che, talvolta, declina anche verso l’«anormalità» e il capriccio.
La relazione fra il sacro e il profano viene esaminata attraverso una serie di fotografie che ritraggono le attività lavorative e altre scene di vita comune, i templi, le cerimonie e le feste. La mostra si conclude con le opere dei grandi interpreti della fotografia giapponese e straniera, come Kusakabe Kimbei, considerato il maestro nel realizzare sofisticate fotografie all’albumina colorate a mano.
Fino al 1 aprile 2012, all’Istituto veneto di Scienze lettere e arti di Venezia – Palazzo Franchetti
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