La fine dell’HDR. Considerazioni sul futuro dei sensori digitali
di Antonio Lo Torto
Ci sono capitato per caso. Stavo bighellonando su Internet e mi sono imbattuto in un articolo inquietante: “38 luoghi abbandonati tra i più spaventosi al mondo. Da brivido“. Il sito è quello di incredibilia.it, un magazine digitale molto gettonato, specialmente dagli utenti di Facebook. Corredati da bellissime fotografie, per lo più in HDR, gli articoli sono più che altro “didascalie” alle immagini che, come potete vedere, parlano ovviamente da sé.
Le riflessioni che voglio fare in questa sede riguardano tanto la bistrattata tecnica dell’HDRI, quanto altre, più o meno futili, di natura, diciamo, “geografica”. Cominciamo dalla fotografia.
Adattati o… la morte dell’HDRI

‘Steam Powered’ By Gavin Hardcastle – Gastown, Vancouver, BC (courtesy of digitalphotographyschool.com)
Adattati o muori… è il motto darwiniano per eccellenza, quello che ha accompagnato le teorie evoluzionistiche degli ultimi due secoli e, mutuato in campo economico, sembra essere uno dei comandamenti fondamentali del vantaggio competitivo. Qualsiasi studente di marketing vi dirà quanto quest’ultimo risulti “sostenibile” nel caso in cui non possa essere copiato, né sostituito o eroso dalle azioni dei concorrenti, oppure se la continua evoluzione del contesto economico non lo renda in qualche modo obsoleto. E proprio l’obsolescenza della tecnica di HDR (perché di tecnica si tratta, intesa nel senso di messa in atto di procedure complesse e articolate finalizzate ad un risultato) che fa la parte del proverbiale fulmine a ciel sereno scagliato, a quanto pare, dalle stesse aziende che fino a ieri ne hanno decantato i pregi e occultato i difetti.
I mutevoli ritmi dell’era digitale seguono un percorso incalzante, spesso contorto, la cui meta finale sembra comunque già stabilita mesi, se non addirittura anni, in anticipo. La nuova ondata di sensori digitali è in arrivo e, per chi non ha “tasche profonde” per permettersi dorsi Phase One, Mamiya Leaf o Hasselblad è solo una questione di tempo. Prendete la Sony Alpha 7R, ad esempio. Una “macchinetta” dotata di sensore full-frame a matrice Bayer il cui costo (solo corpo) si aggira intorno ai 1,800 euro. Certo, un prezzo esagerato per una mirrorless, ma… Il sottoscritto è rimasto letteralmente senza fiato ammirando cosa è in grado di fare con un semplice scatto singolo.
Qui accanto potete guardare con i vostri occhi le gamme dinamiche ottenibili con il sensore della Sony. Le immagini sono state scattate dal fotografo canadese Gavin Hardcastle.
Come sappiamo, l’High Dynamic Range Imaging (HDRI o HDR) altro non è che un processo di post-produzione digitale che consente di ottenere un file con un range dinamico molto ampio; in soldoni, l’HDR è un programma in grado di realizzare un’immagine contenente tutte le variazioni di luminosità non catturabili dal sensore (o dalla pellicola) in un singolo scatto. Pertanto, per processare un’immagine in HDR, il software necessiterà di 3 immagini dello stesso soggetto scattate con esposizioni differenti: una corretta, una sotto e la terza sovraesposta. A chi vuole approfondire consiglio di dare uno sguardo ai nostri tutorial sull’argomento. Imparerà a padroneggiare meglio termini come bracketing, range dinamico e altri.
Tornando al nostro discorso: il mercato sta per essere sommerso dall’ennesima nuova generazione di fotocamere, questa volta dotate di sensori talmente sensibili e sofisticati da riuscire a registrare in un singolo scatto anche le più lievi variazioni d’intensità luminosa, addirittura non percepibili dall’occhio umano. Siamo ad una svolta, anzi, al sorpasso: la tecnologia che supera la natura. Eh sì, perché di questo si tratta. Sappiamo, infatti, che il range dinamico dell’occhio umano risulta, in media, pari a ±10 stop. Fino ad oggi i più attrezzati sensori digitali arrivavano a ±9 stop scarsi… Adesso stiamo sorpassando (e abbondantemente) questo limite.
Quanto più la qualità dei sensori presenti sulle fotocamere in commercio andrà migliorando (e stiamo parlando di segmenti di mercato di fascia media, per fotoamatori nemmeno troppo avanzati), tanto più la possibilità di cogliere in un singolo scatto tutta la gamma dinamica di cui si ha bisogno sarà alla portata di chiunque lo desideri. Lavorando con file in formato RAW, poi, tutta la magia dell’HDR sarà subordinata soltanto a qualche click del mouse… un gioco da ragazzi insomma. In questo senso, l’unico limite per i produttori sarà rappresentato dai gusti personali degli utenti: a chi piace una foto un po’ più contrasta e a chi meno, chi la vuole un po’ più satura e chi meno e via dicendo. Per il resto le immagini risulteranno perfette in ogni caso… mah?! Il futuro di noi professionisti lo vedo ancora più grigio di quanto non lo sia ora.
Proprio per i motivi sopra esposti, in buona sostanza, possiamo francamente affermare che l’elaborazione HDR altro non è che un’escamotage per oltrepassare le limitazioni tecniche dei sensori delle macchine digitali. Quando tali limitazioni verranno definitivamente superate, i software di trattamento delle immagini in HDR cesseranno di esistere. Semplice, logico, lineare.
Non è un segreto che personalmente ho sempre ritenuto questa tecnica molto piacevole, ma il consiglio che posso dare, oggi come oggi, alle aziende che investono le loro risorse ancora in questa direzione è quello di lasciar perdere… Poco manca alla sua definitiva obsolescenza. Ubi major, minor cessat.
Parlando di geografia
Per concludere mi piacerebbe farvi notare una cosa. Lo sapevate che la Russia si spinge così tanto ad est da affacciarsi direttamente sul mare del Giappone? Io non l’avrei mai detto e confesso pubblicamente tutta la mia ignoranza… Sapevo della scomparsa Unione Sovietica, ma non pensavo che la Siberia appartenesse ancora alla Repubblica Russa. Ad ogni modo, Vladivostok, il capoluogo siberiano, è un’amena cittadina marittima la cui latitudine è intorno ai 43 gradi nord. La stessa della Corsica; più a sud rispetto a Milano o a Venezia, ad esempio. Comunque a Vladivostok si congela, lo sanno tutti… Beh, per chi abita un po’ a New York come il sottoscritto sa bene che casa sua si trova alla stessa altezza di Napoli, eppure in questi giorni, le temperature americane scendono un bel po’ al di sotto dello zero, cosa che sul golfo partenopeo non capita mai.
Voi vi chiederete “Mbeh?! E allora?!”… e avete ragione. Solo che mi andava da un mucchio di tempo di fare questa piccola riflessione sui microclimi e allora ne ho approfittato. Guardando le foto dei luoghi abbandonati su incredibilia.it e, in particolare, quella del faro russo e solitario di Aniva Rock, certi pensieri nascono spontanei… non vi pare?
Recent Comments