ll Miramondo. Fosco Maraini. Sessant’anni di fotografia al Palazzo Ducale di Genova
di Elisabetta Spinelli

Pellegrina in preghiera, Monte Sant’Angelo, Puglia, 1952 di Fosco Maraini (Proprietà del Gabinetto Scientifico e Letterario G.P. Vieusseux, Firenze © Archivi Alinari, Firenze)
L’esposizione, allestita nella Loggia degli Abati, dopo le precedenti tappe, approda a Genova presentando immagini in bianco e nero e a colori che propongono un gioco di accostamenti ideati dallo stesso Maraini, situazioni umane e ambientali in latitudini e longitudini assai diverse, dal Tibet al Giappone, passando per l’India, le Dolomiti e la Toscana. Tra paesaggi, volti e accostamenti evocativi.
Paesaggi, montagne, nuvole, ma anche volti e persone, colti nella loro immediatezza e spontaneità, perché come ricorda la fotografa Giuliana Traverso – amica di Fosco Maraini e promotrice della mostra insieme al marito Lanfranco Colombo e alla omonima fondazione – «Per lui non era importante la tecnica, ma la fantasia».
Non sono solo le immagini e i titoli evocativi che le accompagnano a rendere particolarmente significativa l’esperienza dei visitatori, ma anche gli accostamenti tra le fotografie che ne amplificano la potenza espressiva. È stato lo stesso Maraini, in occasione della prima esposizione al Gabinetto Viesseux di Firenze nel 1999 a dividere la mostra in sei ‘universi tematici’ e a scegliere tra le 100.000 immagini scattate nel corso della vita, quelle più rappresentative della sua condizione di viaggiatore che guarda al mondo con curiosità e senza pregiudizio. «Amava gli accostamenti, nei suoi scritti, in un modo che è solo suo, era riuscito a mettere a confronto brillantemente l’arte europea con quella orientale e a paragonare il sorriso della Gioconda a quello del Buddha» dice Giorgio Bertone, docente di Letteratura Italiana all’Università di Genova.
Una personalità poliedrica e una vita avventurosa, dagli anni della gioventù, quando si era imbarcato sulla nave Amerigo Vespucci come insegnante di inglese a quando era alla volta del Tibet con l’orientalista Giuseppe Tucci. Dalla vita a Tokyo, Kyoto e Sapporo insieme alla famiglia a quando, insieme alla moglie e alle figlie Dacia, Yuki e Toni fu internato in un campo di concentramento a Nagoya per aver rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò. E ancora l’India, il Pakistan e l’alpinismo e le scalate del Karakorum e dell’Hindu Kush.

La principessa Pemà a 4000 metri nei pressi del passo Natu, tra Sikkim e Tibet, 1948 di Fosco Maraini (Proprietà Gabinetto Vieusseux © Alinari)
Una vita intensa anche in campo culturale, come dimostrano le tante lingue parlate, la docenza di lingua e letteratura giapponese all’Università di Firenze, l’incessante attività e i libri collezionati nei tanti viaggi, 8.000 volumi oggi parte della Biblioteca Orientale del Gabinetto Viesseux a Firenze.
Anche nella morte, Maraini non ha voluto dimenticare le sue radici e l’amore per l’Oriente, l’unione per due culture, creando un accostamento evocativo, come con le sue fotografie: sulla sua tomba, in un piccolo cimitero della Garfagnana, di fronte a un paesaggio montano, si trovano l’uno vicino all’altro da un lato Cristo, dall’altro Buddha.
La mostra è organizzata da Eventi Polistampa e promossa dalla Fondazione Lanfranco Colombo.
Dal 23 febbraio al 7 aprile al Palazzo Ducale di Genova, piazza Matteotti 9.
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