Fotografia digitale: introduzione al bilanciamento del bianco
Il bilanciamento del bianco è un aspetto del digitale che molti fotografi alle prime armi sottovalutano, oppure non riescono a comprendere appieno. Purtroppo, la pigrizia non è generosa e, infatti, chi prende sottogamba l’argomento finisce per lasciare nel cassetto uno strumento creativo molto potente e versatile. Comunque sia, ho deciso di parlare del bilanciamento del bianco nella maniera più comprensibile possibile, in modo da renderlo accessibile a chiunque voglia capire per lo meno di cosa si tratta e, pertanto, oggi andremo a considerare il motivo per cui sia necessario padroneggiarlo con un minimo di accortezza in più di quanto non abbiamo fatto finora: ottenere delle immagini che presentino dei colori il più possibile fedeli alla realtà.
Immagino che tutti voi avrete “divorato” la mia serie di articoli sulla temperatura colore 😉 , ma se per caso ci fosse ancora qualcuno che non ha avuto la possibilità di farlo, è pregato di andare a dare un’occhiata ai tutorials che trattano l’argomento. Gli saranno utili per comprendere meglio quanto diremo in seguito.
Il bianco non è mai bianco

foto n.2: bilanciamento del bianco tarato alle condizioni di luce effettive (ph.: A. Lo Torto, 2011)
Tutti sappiamo che CMOS (i sensori a ossidi metallici) e CCD (i sensori a scorrimento di carica) rappresentano in pratica l’occhio della nostra macchina fotografica digitale (per approfondire l’argomento leggi questo articolo) e, proprio come i nostri occhi, convertono in segnali elettrici i vari impulsi che li colpiscono sotto forma di intensità luminosa e colore. A differenza del cervello umano però, i sensori non sono in grado di decidere quale sia il colore corretto di un oggetto illuminato da fonti di luce differenti.
Un foglio di carta bianca osservato in pieno sole, in una corsia di ospedale o in una cantina umida e tetra, apparirà ai nostri occhi sempre e comunque bianco. Se si ripete invece l’esperimento riprendendo il foglio di carta con una fotocamera digitale il cui sensore non sia stato precedentemente istruito (dopo vedremo come), noteremo come la colorazione del foglio subirà una variazione in base al tipo di luce che lo illumina: a seconda dei casi, infatti, potrà apparirci azzurrino, verdastro o tendente all’arancione… perché? I sensori elettronici sono stupidi. Contrariamente a quanto si pensa, non dispongono di un cervello come il nostro e, pertanto, non sono in grado di adattare automaticamente e autonomamente la percezione dei colori ad un valore standard ideale e indipendente dalla luce presente in quel momento. Questa operazione, infatti, è in genere appannaggio di un altro strumento, molto più costoso e specifico del sensore: il termocolorimetro. Purtroppo però, i costi di fabbricazione consentono (per ora) l’impiego di termocolorimetri veramente validi soltanto su alcuni tipi di camere attualmente in commercio, per cui, per ottenere delle immagini cromaticamente bilanciate – cioè senza fastidiose dominanti di colore – sarà indispensabile utilizzare dei metodi alternativi che permettano ai sensori digitali di capire che tipo di iluminazione stia rischiarando la scena durante la ripresa.
Diciamo subito che il sistema meno complesso, adottato dalla maggior parte degli apparecchi digitali in circolazione, è composto da una serie di “filtri” elettronici selezionabili a seconda della fonte luminosa prevalente. Tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo visto i simboli rappresentati qui accanto, magari armeggiando tra i vari menù e sottomenù delle nostre macchinette fotografiche (probabilmente alla voce “WB”, white balance, bilanciamento del bianco, appunto). Vediamo nel dettaglio cosa significano le voci principali:
- AWB (automatic white balance) – è il sistema “pseudo-termocolorimetrico” di cui abbiamo appena parlato. Come dicevamo, può essere più o meno sofisticato (a seconda del costo della macchina fotografica!) e funziona utilizzando una lettura di tipo TTL (‘Through The Lens’), cioè attraverso l’obiettivo: un sensore dedicato piuttosto complicato cerca di leggere le zone più chiare inquadrate e confronta il “grado di candore” con i vari standard memorizzati. In linea teorica questo sistema è piuttosto efficace, ma in alcune non rare situazioni “va in palla”. Quando? Quando si trova in condizioni di luce mista: pensate, ad esempio, quando vi trovate in un museo e le opere esposte sono contemporaneamente illuminate dalle lampade e dai lucernai (che, tra l’altro, spesso sono molto ampi). In questi casi il sistema TTL entra inevitabilmente in crisi e cambia il grado di filtratura ad ogni minimo vostro movimento. Un capolavoro di Van Gogh corre il rischio di diventare un quadro psichedelico post-avanguardista, con cambi di colore repentini dall’azzurro all’arancio e viceversa, a seconda che la macchina effettui il bilanciamento prendendo come riferimento un’area colpita in prevalenza dalla luce artificiale o un’altra rischiarata invece dai raggi del sole che arrivano dalle finestre.
In linea di massima, i filtri a disposizione della fotocamera serviranno a compensare le discrepanze in particolari situazioni di sbilanciamento cromatico: così, quando la luce complessiva tenderà ad essere “fredda” (cielo nuvoloso, flash, tubi fluorescenti al neon, ecc.) dovrete “scaldare” la scena, mentre dovrete “raffreddarla” nel caso opposto (lampadine casalinghe a fluorescenza, luce di un falò, candele, ecc.).
- Cloudy – con il cielo coperto la luce complessiva tende ad essere leggermente più fredda di quando il sole splende alto nel cielo (sunny); pertanto questo tipo di settaggio scalderà leggermente i parametri spostando la curva un po’ verso l’arancione.
- Tungsten – è la situazione tipica dell’illuminazione casalinga: le lampadine a incandescenza. Quando imposterete il bilanciamento del bianco in questa posizione, tutta la scena verrà complessivamente raffredata (spostamento della curva verso l’azzurro e il verde) e, nel caso si scatti effettivamente in condizioni d’illuminazione a incandescenza, la vostra immagine finale apparirà perfettamente bilanciata.
- Shade – fotografando in particolari situazioni d’ombra, la luce di solito risulta leggermente più fredda che non in pieno sole. Questa modalità tenderà a scaldare un po’ la scena, spostando la resa cromatica verso l’arancione.
- Flash – il lampeggiatore elettronico illumina come il sole diretto, a mezzogiorno (più o meno) per cui, in questa modalità, la fotocamera tenderà a considerare la luce complessiva come piuttosto fredda. Il bilanciamento verrà effettuato verso tonalità calde.
- Fluorescent – questo filtro compenserà la luce fredda dei tubi a fluorescenza (neon) riscaldando i toni e spostando decisamente la curva dei colori verso l’arancione.
Il bilanciamento manuale (funzione custom)

foto n.3: un cartoncino di controllo cromatico fotografato in varie "situazioni" di bilanciamento del bianco (ph.: A. Lo Torto, 2011)
In assoluto il sistema migliore rimane quello custom (personalizzato), solitamente utilizzato dai fotografi professionisti (e dai possessori di apparecchi che consentono il bilanciamento del bianco in modalità manuale). E’ facile: in pratica si tratta semplicemente di inquadrare un foglio bianco (o grigio neutro) nella situazione di illuminazione in cui si trova il soggetto da fotografare e, attraverso la funzione corrispondente, dire alla fotocamera di utilizzare quel tono di bianco come base per gli scatti con quella luce in particolare. A quel punto il processore calibrerà di conseguenza tutti gli altri colori in funzione del parametro impostato ed il sensore risulterà accuratamente tarato sulla temperatura della fonte d’illuminazione prevalente in quel preciso momento. Attenzione però: la risposta cromatica del nostro sensore non varierà fino a quando noi non regoleremo nuovamente la funzione di bilaciamento del bianco. Pertanto, se le condizioni di luce dovessero mutare, dovremo ricordarci di settare la camera sui nuovi valori (ve lo dice uno che dopo aver testato una macchina impostandola a 10.000°K, si è scordato di ripristinare la temperatura standard e l’ha prestata a un amico per scattare le foto del Battesimo del figlio… lasciamo stare quello che è successo dopo).
In conclusione, il classico cartoncino grigio al 18%, ormai utilizzato sempre più di rado, potrebbe tornarvi utile non soltanto per una corretta lettura esposimetrica, ma anche per fornirvi quella tinta neutra necessaria, su cui basare la misurazione del sistema di compensazione delle dominanti di colore. Meditate gente, meditate…
Un’ultima osservazione. Nella foto n.3 ho voluto riprendere un classico cartoncino Kodak, settando una stupidissima Nikon Coolpix S210 in diverse modalità di bilanciamento del bianco. Diaframma a f/3.5 e tempo parzialmente nuvoloso:
- A: AWB, modalità automatica.
- B: sunny/daylight.
- C: luce al tungsteno.
- D: luce fluorescente.
- E: cloudy.
- F: flash.
NOTA BENE: Considerate per un attimo la foto 3C. Perché mi è venuta azzurrina? Semplice, perché è come se avessi detto alla mia macchinetta che ci trovavamo in condizioni di luce incandescente, illuminati da lampadine casalinghe. Invece non era vero… Lei, la Coolpix, l’ha bevuta e ha spostato la curva cromatica verso tonalità fredde, “azzurrando” tutta la foto. Chiaro, no?!
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