Fotografare le persone: Don Chick, un maestro del ritratto
Visto che l’argomento che stiamo affrontando in questi giorni è il ritratto, aprirei una piccola parentesi sul lavoro di un fotografo americano che ho scoperto qualche anno fa e che, lo confesso, mi ha lasciato davvero a bocca aperta. Se fossi nella commissione di un ipotetico “Premio Nobel per la fotografia”, non esiterei un istante a riconoscere in Don e nel suo lavoro il seme della genialità…
Lo stralcio d’intervista che segue è preso da uno dei capisaldi della fotografia nordamericana, Il Professional Photographer Magazine, organo ufficiale da oltre cento anni dei Professional Photographers of America (di cui anch’io faccio parte, ma guardando il lavoro di quest’uomo, dovrei stracciare la mia tesserina e tornarmene a casa con la coda tra le gambe…), e l’Autore è appunto Don Chick, Master della Fotografia dal 2006, “Fotografo dell’anno” per ben due volte e premiato col massimo riconoscimento da parte dei colleghi dell’associazione stessa: il Distinguished Colleague of Photography.
In ogni caso, penso proprio che nessun encomio scritto o parlato renda merito al lavoro di questo personaggio: soltanto la bellezza delle sue immagini puo’ conferirgli tutto l’onore che gli spetta. Io, che ho voluto fare della spontaneità e della naturalezza una delle armi vincenti del mio lavoro, non posso che ricredermi nell’ammirare la potenza che certe pose, illuminate a regola d’arte, riescono a dare alla fotografia di persone (e David LaChapelle è un altro gigantesco esempio di questa tecnica). Pertanto mi inchino al cospetto dell’arte di quest’uomo a cui non oso neppure paragonarmi… Ma sentiamo le sue parole.
“Sebbene i colleghi spesso si prendano gioco di me e dei miei ritratti di vecchi con barba e cappello, trovo che fotografare i soggetti maschili sia interessante e gratificante. Le immagini delle belle donne sono dappertutto: dalle copertine delle riviste, alle mostre di fotografia; se per caso ci si imbatte in una figura maschile, molto probabilmente si tratterà di un bambino, un ragazzo o al massimo un giovanotto. Tuttavia ogni uomo ha una sua personalità e una sua storia. Penso che un ritratto dovrebbe rendere onore a un uomo e alla vita che lo ha reso tale.”
Continua: “Emerson, un signore attempato che ho incontrato vicino a casa, si stupì quando gli chiesi di posare per me, ma il suo look era talmente unico che dovevo assolutamente immortalarlo. Gli feci la promessa che avremmo cestinato ogni immagine non capace di rendergli giustizia, per cui accettò. Nel mio studio, il giorno seguente, mentre lo fotografavo gli chiesi di raccontarmi della sua vita: la casa, la famiglia, il lavoro, le sue esperienze in Marina durante la Seconda Guerra Mondiale… Parlare lo metteva a suo agio, aiutando nel contempo anche me a raggiungere quella naturalezza nei gesti e nelle espressioni che andavo cercando per ottenere quello che volevo…”
Potete vedere il risultato nell’immagine qui accanto. Che dire? Penso che si commenti da sola. Anche se siamo (e dico “siamo”, perché anch’io sono sulla stessa vostra barca!) ancora molto lontani dal concepire schemi di illuminazione tanto complessi (soprattutto quando si parla di fotografia alle persone; io mi limiterò ad illustrarvi soluzioni che prevedono l’impiego di 3/4 punti luce al massimo), voglio ugualmente riportare il diagramma e i dettagli tecnici del progetto – forniti direttamente dall’Autore – che hanno permesso di ottenere questo capolavoro (schema foto n.2):
- Luce principale: soft box di 100×120 cm
- Riempimento: pannello bianco riflettente
- Luce contorno capelli: strip soft box di 25×100 cm schermato da una veneziana
- Luce sfondo: flash monotorcia da 500W con alette rompiflusso, puntato sullo sfondo
- Luce di accento: pannello bianco riflettente di 100×180 cm opposto alla luce principale
- Griglia a “nido d’ape” (Hensel): flash monotorcia da 1000W, per aggiungere un po’ di spot allo sfondo
Inoltre, Don dice che preferisce scattare a mano libera in modo da cogliere le espressioni del soggetto da ogni angolazione (eh, ci credo! con sto’ popò di lampade!) e che il lavoro di post-produzione digitale si è limitato all’aggiunta di una vignettatura scura sul contorno dell’immagine con Adobe Photoshop. Avrei dovuto intitolare questo articolo: “Quando la tecnica diventa arte“…
Concludiamo con qualche altro consiglio che Don, gentilmente, elargisce a noi comuni mortali: “Nel ritratto, è importantissimo che il nostro soggetto sia “mentalmente coinvolto” nella realizzazione dell’immagine. Spesso chiedo ai miei modelli di pensare ad un evento particolare che ha caratterizzato la loro vita, oppure a un qualche concetto astratto, come la confidenza, il mistero, la pace… Infatti, se il soggetto indossa l’abbigliamento appropriato alla scena allestita dal fotografo, l’unico elemento di cui bisogna preoccuparsi è la giusta espressione facciale. A quel punto sarete pronti a scattare la fotografia giusta.”
“Perché non vi dedicate a studiare il carattere delle persone che volete ritrarre? Sarà comunque un’esperienza edificante…”.
In attesa di conoscerlo personalmente (dovremmo essere più o meno coetanei), questo è il suo sito: www.donchick.com; e questo quello dei PPA (Professional Photographers of America): www.ppa.com.
Ciao amici miei. A presto, ALT
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