Fotografare in controluce: il problema dei lens flares
di Antonio Lo Torto
Nelle riprese in controluce, il flare – ovvero la perdita di definizione dell’immagine dovuta alla comparsa di “aloni luminosi” prodotti dagli stessi obiettivi – è sempre in agguato. Spieghiamola un po’ meglio: i lens flares sono sostanzialmente degli “oggetti” indesiderati che si formano all’interno di un sistema ottico (come l’obiettivo della macchina fotografica) a causa della riflessione e della dispersione della luce dovute alla disomogeneità dei materiali con cui il sistema stesso è costruito (plastica, vetro, metallo, ecc.). Si manifestano in due modi differenti (vedi foto a lato):
- come un’alone luminoso che schiarisce l’immagine e riduce i contrasti prevalentemente nella zona circostante alla sorgente di luminosa;
- come dei veri e propri poligoni colorati che spuntano allineati sulle immagini (a volte anche cerchi concentrici e, più raramente, strisce di luce). Sono una sorta di “immagini fantasma” del diaframma e, molte volte, sono l’evidente prova di un trattamento antiriflesso non a regola d’arte e di una scarsa qualità di fabbricazione dell’obiettivo. [NOTA: La mia personalissima opinione è che la loro forma sia dipendente dal tempo di scatto: uno tempo “lento” produce un flare ben definito, prevalentemente esagonale; mentre tempi più rapidi generano cerchi e infine strisce luminose. Guardate come è fatto il diaframma della vostra reflex e poi ditemi se ho ragione oppure no…]
Ridurre questi effetti è abbastanza semplice, oltrechè intuitivo (soprattutto per chi mastica un po’ di fisica ottica): meno lenti ci sono nel barilotto di un obiettivo, minori saranno le probabilità che si verifichino dei flares, pertanto l’uitilizzo di ottiche a focale fissa è caldeggiato… Inoltre, come sempre nella vita, la qualità è fondamentale: rivestimenti superficiali multipli di materiale antiriflesso sulle lenti di un’ottica determinano la differenza tra un prodotto buono e la solita schifezza! Non è sempre vero, ma a volte sì: chi più spende, meno spende.
Resti tra noi, ma avete mai provato a verificare la differenza che c’è tra un Sigma 24mm f/2,8 e un Canon o Nikon dello stesso tipo? Se avete un amico che vende macchine fotografiche chiedetegli di farvi questo favore e poi ne riparliamo. Per quanto riguarda gli zoom, a causa dell’elevato numero di lenti in gioco, la situazione è un po’ più critica. Basti pensare che per costruire un 28mm f/2.8 ci vogliono 5 o 6 lenti, mentre per uno zoom grandangolare come potrebbe essere un 20-35mm f/2.8 ne occorrono almeno 15 (!). In un tale sistema ottico, rivestire tutte quelle lenti con materiale antiriflesso di alta qualità diventa perciò molto costoso e le notevoli differenze di prezzo tra zoom originali e no (e alle volte anche tra modelli di una stessa marca) hanno origine nei diversi trattamenti superficiali applicati dal fabbricante sui vari gruppi ottici.

Sia entrando, che uscendo, la nostra sposa è stata ripresa… in controluce! Nota: fill-in flash nella foto di dx. Indispensabile. (ph.: A. Lo Torto, 2001)
Anche se il sole non entra direttamente nell’inquadratura, bisogna comunque fare attenzione al flare causato da quei raggi luminosi che non vengono schermati dal paraluce e che pertanto vanno ad incidere sulla lente frontale. Una situazione frequente con i grandangolari (infatti il paraluce di questo tipo di ottiche è necessariamente poco sporgente, o altrimenti farebbe da “cornice” a tutte le nostre foto!) e con gli zoom (che, pur avendo un paraluce sagomato “a corolla”, spesso risulta dimensionato sulla focale più corta…). In questi casi sarà opportuno fare ombra sulla lente frontale utilizzando il solito, buon vecchio metodo “manuale”; sì, esatto, facendo scudo con una mano o, al limite, con le falde di un cappello, ma sempre stando attenti a non fotografarci il palmo (soprattutto quando si scatta con il grandangolare). In situazioni di questo genere, il controllo visivo della profondità di campo risulta preziosissimo. Ne abbiamo già parlato.
Altre cause di flare possono essere rappresentate pure dai filtri realizzati in materiale plastico (digradanti compresi, vedremo di cosa si tratta) e da aloni, o macchie di sporcizia sulle lenti. In particolar modo per quanto riguarda queste ultime, sappiate che il loro effetto diventa addirittura micidiale quando ci troviamo ad inquadrare sorgenti luminose piuttosto intense. Ad esempio, una stupidissima gocciolina d’acqua essiccata sulla lente frontale crea due vere e proprie superfici addizionali (una a contatto con il vetro, l’altra con l’aria) che, come tutte le superfici, riflettono in tutto e per tutto i raggi di luce incidente. Quanto più questa luce incidente sarà intensa, tanto più elevata sarà l’intensità della sua riflessione (è una legge della Fisica… non possiamo farci niente!): è un po’ come avere una lente in più (tra l’altro non trattata) all’interno del nostro schema ottico. Perciò occhio! Pulite sempre accuratamente la vostra attrezzatura.

Il Golden Gate in un controluce laterale pomeridiano sulla Baia di San Francisco, ph.: A. Lo Torto, 2008
Per concludere la nostra chiacchierata sulle tecniche da usare quando vogliamo fotografare in controluce, vorrei dirvi prima una curiosità e poi un avvertimento, da non prendere tanto sotto gamba soprattutto se il Sole si trova all’interno della nostra inquadratura:
- Curiosità: quando fotografate il sole con un teleobiettivo tenete presente che le sue dimensioni sul sensore della fotocamera saranno, più o meno, pari a 1/100 della focale utilizzata. Mi spiego: in linea di massima scattando con un tele di 300mm le dimensioni del sole riprodotte da un sensore CMOS di media dimensione saranno di circa 3mm; con un 500mm saranno di 5mm, e così via… Tenetene conto se volete riprodurre un astro che abbia una grandezza “importante” all’interno della scena. E le stesse considerazioni valgono anche per la Luna: infatti, sebbene molto più piccola del sole, è anche molto più vicina, pertanto le dimensioni proporzionali di entrambi i corpi celesti sono confrontabili.
- Avvertimento: fate molta attenzione quando inquadrate il Sole direttamente e lo visualizzate all’interno del mirino di una reflex: la potenza dei raggi solari che giungono all’occhio viene amplificata dallo specchietto e dai vetrini del pentaprisma e pertanto la retina potrebbe risultarne irreparabilmente danneggiata… un fotografo ciecato non è sicuramente un buon fotografo!
- Buone foto, come sempre; provate, scattate, sperimentate: non mi stancherò mai di ricordarvelo!
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