Gli obiettivi fotografici a focale fissa: il “normale” 50mm
di Antonio Lo Torto
Diamo inizio al nostro discorso ricordando brevemente le differenze pratiche tra obiettivi cosiddetti normali, teleobiettivi e grandangolari.
Quando si parla di obiettivi di focale “normale “è sottinteso che ci si riferisce a quelli di focale 50mm. Cioè ad ottiche che abbracciano un angolo di campo, tradizionalmente misurato sulla diagonale del formato, pari a circa 46°. I “cinquanta” sono obiettivi normali perché l’effetto prospettico che producono sull’immagine è simile a quello della visione dell’occhio umano. Non creano cioè sensazioni di compressione dei piani, come fanno i teleobiettivi, e nemmeno, all’opposto, di esaltazione artificiosa della prospettiva prerogativa, invece, dei grandangolari.
Eccoci dunque al primo punto determinante: a fini creativi è davvero importante la possibilità di realizzare effetti prospettici diversi. Dunque, è decisiva la possibilità di intercambiare, sulla fotocamera, le lunghezze focali. Sta proprio in questa versatilità il principale “perché” della nascita di corredi fotografici estremamente articolati che, in molti casi, sono diventati veri e propri “sistemi di lavoro” addirittura basati su decine e decine di ottiche (vedi fig.1). In poche parole: variando la lunghezza focale si cambia, modificando in modo molto significativo, il modo di riprodurre la realtà. Scegliere una focale piuttosto che un’altra significa perciò affrontare diversamente il nostro soggetto, interpretandolo in vari modi a seconda dell’attitudine creativa del momento.
Le possibilità di operare con focali differenti sono numerose. C’è chi predilige gli effetti di esaltazione prospettica e ricorre volentieri a focali corte o cortissime. Viceversa, ci sono fotografi che preferiscono un effetto di compressione – tipico dei teleobiettivi – utile per isolare una limitata porzione di un soggetto. I teleobiettivi, impiegati a tutta apertura, sono anche preziosi per fornire immagini caratterizzate da una profondità di campo ridottissima, dunque si propongono come strumenti adatti a “rendere omogeneo” lo sfondo e conseguentemente a fare risaltare il primo piano.
I manuali di fotografia, a questo punto, di solito suggeriscono che sia opportuno che il fotografo faccia un po’ di autocritica. Ad esempio, gli consigliano di passare in rassegna, in modo sistematico, un po’ tutta la sua produzione fotografica. Proprio quella di cui va orgoglioso. Facendolo, cercherà di capire se le foto che apprezza maggiormente siano prevalentemente orientate alla caratteristica tele (soggetto principale isolato dallo sfondo, sfondo più o meno sfocato – dipendente dal diaframma in uso – effetto di compressione dei piani, ecc.), oppure alla caratteristica grandangolo (inquadratura ampia, estesa nitidezza in profondità anche a costo di un rimpicciolimento troppo spinto del soggetto, ecc.).
Perché un’ottica fissa?

fig.2: la differenza nella resa dello sfondo quando si fotografa un soggetto con obiettivi diversi a lunghezze focali differenti (courtesy of itsalwaysautumn.com)
Nonostante il dilagare degli zoom, le ottiche a focale fissa sono storicamente la chiave d’accesso al mondo della fotografia di alto livello. Inoltre, considerando gli obiettivi dedicati a specifiche funzioni, risultano ancora al vertice della resa ottica in campo fotografico. Ok, in termini di progettazione possiamo dire che, oggi come oggi, gli zoom sono straordinariamente migliorati rispetto al passato – infatti, alcuni riescono a raggiungere livelli di qualità che competono con le focali fisse. Comunque, precisiamo subito che le osservazioni di base relative alle diverse focali sono valide sia con obiettivi fissi, sia con zoom utilizzati ad una lunghezza focale equivalente.
In buona sostanza, quali sono le differenze di comportamento tra le differenti focali? Analizziamole insieme.
Scegliere un teleobiettivo significa inquadrare una limitata porzione della stessa immagine abbracciata da un obiettivo normale e subito constatare la comparsa di un effetto di compressione della prospettiva, tanto più marcato quanto più è lunga la focale. Scegliere un grandangolare significa, al contrario, poter riprendere una scena molto più ampia del solito, ma nello stesso tempo notare una marcata esaltazione prospettica, una sorta di forte separazione dei piani del soggetto. Queste “risposte” ottiche caratteristiche sono immediatamente constatabili nel mirino di una reflex. Ed è proprio a questo punto, guarda caso, che sorge la vera differenza pratica tra un obiettivo fisso e uno zoom. Con il primo, infatti, potrebbe accadere che se l’inquadratura, o in generale l’effetto complessivo riscontrabile nel mirino, non risulti gradito al fotografo, a questi non resterebbe altro da fare che muoversi: avanti o indietro, camminando in modo da adeguare al soggetto le caratteristiche di comportamento dell’obiettivo. Adoperando uno zoom, viceversa, prevarrà probabilmente la pigrizia: per adattare l’inquadratura alla scena che si desidera riprendere basterà, infatti, ruotare la ghiera di variazione delle focali. Il fotografo, così, non “faticherà” a cambiare, lui personalmente, il punto di ripresa… comodo, ma spesso poco efficace.
Inoltre, per effetto delle modalità di progettazione e per precise regole ottiche, le focali fisse presentano normalmente la caratteristica di essere più “luminose”, a parità di ingombro e peso, rispetto alle ottiche zoom. Infine, salvo eccezioni particolari, hanno spesso una migliore capacità di messa a fuoco a distanza ravvicinata.
Cambiare l’obiettivo
Per capire come si comportano gli obiettivi è sufficiente ragionare intorno ad una semplice regola: se non variano alcuni parametri base – come le dimensioni del fotogramma, l’ingrandimento finale o la distanza di messa a fuoco – succede che al variare della focale varia l’effetto di schiacciamento dei piani.

fig.3: ripresa a mano libera in situazione di scarsa luminosità ambientale, ottenuta grazie ad un obiettivo Canon EF 50mm f/1,4 (ph.: A. Lo Torto, 2008)
Da queste caratteristiche nascono alcune osservazioni di comportamento pratico. Immaginiamo di fotografare un soggetto stando a una distanza di due metri oppure di dieci metri, facendo in modo che in entrambi i casi esso sia sufficientemente grande da riempire completamente il fotogramma… si può fare, a patto di cambiare la focale: nel primo caso si userà un grandangolare, nel secondo un teleobiettivo. Tuttavia questa ripresa con ottiche diverse non sarà senza conseguenze: infatti, lo sfondo dell’immagine scattata con il grandangolare apparirà molto più lontano di quello dell’immagine scattata con il tele (vedi fig.2).
Siamo arrivati ad una conclusione: cambiare la focale comporta cambiare, in proporzione, l’ampiezza dell’inquadratura e, di conseguenza, anche il rapporto dimensionale tra primo piano e sfondo.
Inoltre, un altro punto in favore degli obiettivi a focale fissa è che molto spesso, anche se non sempre, rispetto agli zoom manifestano una migliore resa in termini di conservazione del contrasto, di brillantezza delle immagini e di assenza di riflessi interni (ricordatevi sempre l’adagio: meno lenti = meno riflessi…).
L’obiettivo “normale” (50 mm) è passato di moda?
La risposta non è facile da dare. Si può dire sì e no. È passato di moda se guardiamo alle ottiche fornite come corredo di serie a chi acquista una reflex digitale. Gli apparecchi fotografici di oggi vengono di solito normalmente venduti in coppia con uno zoom, magari di classe economica e di escursione focale non esagerata, ma praticamente mai con una focale fissa da 50mm. In questo senso è vero che i “normali” non sono più attuali. Sono invece ancora attualissimi se si guarda ad alcune prestazioni particolari che sono in grado di offrire: un’elevata luminosità massima e prestazioni eccezionali in termini di nitidezza.
Come possiamo vedere dalla tab.1, per le reflex digitali full-frame, con sensore 24x36mm, sono da considerare normali le focali comprese tra i 40 ed i 60mm, con angoli di campo rispettivi di 46° e 40°. Sono obiettivi la cui lunghezza focale corri- sponde, all’incirca, alla lunghezza della diagonale del formato fotografico che coprono.
La qualità dei 50mm “fissi” non deve essere sottovalutata e spesso succede che obiettivi normali di classe anche economica (per intenderci obiettivi 50mm f/1.9 – f/1.8 – f/1.7 – che costano sensibilmente meno dei 50mm f/1.4) si rivelino straordinariamente validi anche per riprese a distanza ravvicinata, per macrofotografie con tubi di prolunga e per lavori di riproduzione. Segnaliamo in modo specifico l’economicità di questo tipo di ottiche, che spesso le fa considerare, a torto, obiettivi di secondo piano, di categoria inferiore.
Ribadiamo: spesso è un errore di valutazione, quello di considerare scarsamente interessanti obiettivi di questo tipo, perché il prezzo molto competitivo deriva per lo più dalla semplicità dello schema ottico (collaudatissimo negli anni), dal minore numero di lenti impiegate e dalla maggiore semplicità nell’assemblaggio. I “normali” sono obiettivi di notevole luminosità, ma anche caratterizzati da un ottimo contrasto, un limitato ingombro (con l’eccezione di quelli super-luminosi) e da una elevata versatilità. Possono essere considerati dei veri tuttofare.
Quanto alla ripresa fotografica sul campo, il pregio di un 50mm è di consentire un’inquadratura con una prospettiva molto simile a quella che siamo abituati a constatare tipica dell’occhio umano – anche se il paragone è abbastanza improprio perché l’occhio ha la capacità di concentrare la sua attenzione su piccoli soggetti operando un po’ come se fosse un teleobiettivo e nello stesso tempo è in grado di avvalersi anche di una estesa visione periferica (effetto di visione laterale; quello che si dice “la coda dell’occhio”) e dunque è sostanzialmente diverso dall’obiettivo fotografico.
Non c’è dubbio tuttavia che l’angolo di campo secondo il quale l’obiettivo normale osserva la realtà è comunque il più simile a quello dell’occhio umano e, per questi motivi, i risultati fotografici ripresi con il 50mm saranno molto adatti per cogliere ritratti ambientati, foto di gruppo, o singole immagini a figura intera, quando si cerchi di scattare mantenendo delle proporzioni molto vicine all’impressione reale per tutti i personaggi inquadrati.
I pregi dell’alta luminosità
Il pregio di un’elevata luminosità è indubbiamente una caratteristica tipica degli obiettivi “normali” a focale fissa. Forse si tratta addirittura di un pregio spinto all’estremo. Tra i 50mm sono infatti molto numerosi quelli che “aprono” fino al dia- framma f/1.4 e ne esistono alcuni che arrivano fino a f/1.2.
N.B. Gli obiettivi che aprono fino ad f/1, espressamente dedicati a riprese di cronaca “impossibili”, sono molto rari… ma ci sono. Inoltre, per riprese in ambito scientifico sono stati realizzati anche obiettivi f/0.85 e, qualche anno fa, la Canon ha proposto, per le sue fotocamere a telemetro, anche un f/0.94 davvero impressionante per le possibilità operative nella fotografia di cronaca, ma anche molto soggetto a limitazioni per la “inesistente” profondità di campo nitido a tale apertura estrema.
L’elevata luminosità può essere un punto di forza apprezzabile sui diversi obiettivi, ma è una condizione di lavoro che deve essere “finalizzata” con attenzione, dal fotografo. Voglio dire: non è detto che ricorrere ad un’ottica d’alta luminosità sia indispensabile solo per fotografare con luce ambiente straordinariamente ridotta. Può essere importante anche per scattare a livelli ISO di sensibilità più bassa, al fine di realizzare ingrandimenti piuttosto “spinti”, oppure per facilitare la precisa messa a fuoco in condizioni estremamente difficili (sia con l’ausilio dell’autofocus, che manualmente). In più, le ottiche ad alta luminosità garantiscono una più elevata chiarezza di visione nel mirino della reflex, un pregio assolutamente da non sottovalutare, soprattutto nelle riprese al crepuscolo.
Basterebbero questi caratteristici comportamenti sul campo per rendere interessanti gli obiettivi superluminosi, ma le elevate aperture di diaframma hanno anche il vantaggio di consentire di ridurre in modo straordinario la profondità di campo niti- do, dunque di agevolare il fotografo che voglia “cancellare” sfondi non adatti al soggetto in primo piano. Si tratta di una condizione di lavoro che può essere adottata vantaggiosamente anche in riprese in piena luce (esterni con il sole pieno oppure in- terni con forti illuminatori), se si dispone di fotocamere dotate di otturatori capaci di tempi molto rapidi (es. 1/8000s) oppure ricorrendo a filtri grigi per limitare la quantità di luce disponibile.
I macro “normali”
Abbiamo ampiamente trattato la macrofotografia nei nostri precedenti tutorials, ma in conclusione di questo articolo vogliamo menzionare la categoria “speciale” di obiettivi “normali” macro, di focale intorno ai 50-60mm.
Si differenziano dalle ottiche tradizionali soprattutto per due motivi: uno ottico, rappresentato dallo schema delle lenti che è calcolato per fornire eccellente resa nelle foto da vicino, con distorsione assente ed estrema planeità di campo. L’altro meccanico: infatti, sono dotati di un sistema di messa a fuoco che consente di giungere a rapporti di riproduzione molto spinti, in alcuni casi anche 1:1. Le progettazioni più recenti consentono un’eccellente resa anche all’infinito e quindi questi obiettivi si possono classificare come ottiche tuttofare di notevole qualità, anche se abitualmente non offrono luminosità al di sopra di f/2.8.
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