Lezioni di macrofotografia: la macro con le compatte digitali
Lezioni di macrofotografia (seconda parte)
Errata Corrige (echi d’infinito). Vorrei iniziare questa seconda parte dedicata alla macrofotografia scusandomi e facendo una precisazione. Infatti, nel primo “capitolo” di questa nuova serie di posts, ho accennato al concetto di distanza all’infinito senza spiegare di cosa si tratta. Perciò chiedo venia e riparo immantinente a questa mia mancanza. In fotografia si dice che un oggetto si trova all’infinito quando la sua distanza è uguale o superiore a 200 volte la lunghezza focale utilizzata in quel momento (più o meno). Ex.: se stiamo scattando con un 100mm, il nostro “infinito” incomincerà a circa 20 mt da dove ci troviamo. Che significa tutto questo? Che i raggi di luce provenienti da un distanza uguale o superiore all’infinito si considerano tutti paralleli tra loro (e all’asse ottico) e perpendicolari all’obiettivo… con tutte le “conseguenze geometriche” che la cosa comporta. Infatti, per la seconda proprietà delle lenti convergenti che abbiamo visto proprio l’ultima volta, tutti i raggi paralleli all’asse ottico vengono rifratti dalla lente fino ad incontrare lo stesso asse ottico nel punto di fuoco F e, pertanto, risultano tutti a fuoco! Quindi, tutto ciò che c’è all’infinito e oltre, nell’immagine finale risulterà a fuoco … chiaro?! Ora andiamo avanti.
Riassuntino su messa a fuoco e ingrandimento nella macro
Il modo migliore per ingrandire un’immagine è allungare l’obiettivo in avanti, allontanandolo dal sensore. Nelle “normali” fotografie questo metodo viene di solito utilizzato per la messa a fuoco. Tuttavia, nel passare da un metro all’infinito, gli elementi dell’ottica si spostano solo leggermente. Per mettere a fuoco a distanze ravvicinate, gli obiettivi necessitano di un allungamento maggiore (e, in base a quanto abbiamo detto, ciò dipende dalla relazione che intercorre tra le due “coniugate” S1 e S2 di cui parla la legge di formazione dell’immagine). Pertanto, quando la distanza tra lente e oggetto (S1) supera di più di dieci volte la lunghezza focale, la coniugata dell’immagine (S2) non subisce variazioni rilevanti. Quando è inferiore, le dimensioni della coniugata dell’immagine (S2) aumentano considerevolmente. Quando S1 = S2 l’ingrandimento è pari a 1:1 e l’immagine sul sensore ha le stesse dimensioni del soggetto. Nella tabella qui accanto abbiamo riportato lo schema riassuntivo delle relazioni che intercorrono tra le distanze coniugate (S1 e S2), la lunghezza focale (f) caratteristica dell’obiettivo che stiamo utilizzando ed il rapporto d’ingrandimento di cui tanto abbiamo detto nella prima parte di queste lezioni di macrofotografia. Spero che possa tornarvi utile.Tutto ciò comporta problemi non irrilevanti per le case produttrici poichè molti obiettivi lavorano meglio quando il soggetto si trova ad una certa distanza e peggio quando è vicino. Anche modificando la lunghezza focale , non è possibile impedire che la definizione complessiva ne risenta e che gli effetti di alcune aberrazioni aumentino. Non ci addentreremo nello specifico (vi ho annoiato anche troppo con le mie manfrine), ma vi basti sapere che persino gli obiettivi più moderni, progettati per risolvere tali complicanze, non sono efficaci a distanze molto ravvicinate.

foto n.2: Qualche volta si può scendere a compromessi anche con una "compattina". A patto di non pretendere chissà che cosa... - Canon PowerShot S1IS, ph.: A. Lo Torto, 2006
La macro con le “compattine” digitali
Le macchinette digitali compatte, con obiettivo fisso, spesso hanno una funzione di “messa a fuoco macro” (o una modalità “primo piano“, o roba del genere) con la quale magari è possibile mettere a fuoco oggetti anche molto vicini. Tuttavia la qualità dell’immagine, in questi casi più che mai, dipende dalla qualità delle lenti usate per fabbricare l’obiettivo… la parola magica “macro” non garantisce risultati certi. In commercio esistono dei veri e propri obiettivi macro (li vedremo presto), ma naturalmente sono appannaggio di sistemi fotografici ben più sofisticati, SLR con obiettivi intercambiabili tanto per incominciare. Per le fotocamere con obiettivi fissi la soluzione più semplice è quella di aggiungere delle lenti addizionali. Si montano davanti all’obiettivo, proprio come i filtri, e possono essere usate per ottenere un rapporto di riproduzione massimo di 1:5. A quanto si sente dire in giro, oltre questo limite, la qualità dell’immagine risulta compromessa. Comunque sono facili da usare e si trovano in diverse gradazioni, misurate in diottrie. Una lente da una diottria ha una lunghezza focale di un metro, ovvero sposta il punto di fuoco dall’infinito a 1 mt; una lente da 2 diottrie ha una lunghezza focale da 0.5 mt e sposta il fuoco dall’infinito a 0.5 mt e così via. Per ottenere ingrandimenti maggiori è possibile usare più lenti addizionali contemporaneamente (una lente da una diottria e una da due funzionano come una lente da tre), ma per non inficiare la qualità dell’immagine finale è sempre meglio non usarne mai più di due contemporaneamente. NOTA: ricordarsi sempre di fissare la lente graduata con più diottrie all’obiettivo della macchina fotografica.
Ok, bisogna ammettere che oggi il mercato delle fotocamere digitali compatte ha fatto passi da gigante e scegliendo i modelli di punta delle principali case produttrici ci si può dotare di strumenti in grado di realizzare immagini eccezionali anche a distanze molto ravvicinate. Se diamo retta a quello che ci dice Canon a proposito dei modelli G10, G11 e G12 della serie PowerShot, con queste fotocamere è possibile “mettere a fuoco un soggetto a una distanza di 1 cm” (!). Io non sono un “macrofotografo”, lo ammetto, ma il massimo che sono riuscito ad ottenere in termini di messa a fuoco da una PowerShot G10 è il particolare di queste cicale che fanno l’amore che potete vedere nella foto qui accanto… tutt’altro che a fuoco! Comunque sia, dando per un attimo risolte le magagne legate alle ottiche, il problema principale delle compattine quando si vuole scattare a distanze ravvicinate resta la dimensione ridotta del loro sensore. Infatti, a causa di questo limite, questo genere di fotocamere saranno sempre destinate ad avere un rapporto di riproduzione piuttosto modesto. In ogni caso, Canon in particolare ha in catalogo un adattatore specifico per i modelli appena citati, che secondo noi è molto interessante. Consente di montare sugli obiettivi delle PowerShot filtri e lenti addizionali di 58mm di diametro, per cui praticamente di tutte le marche. E’ agevolmente reperibile on-line.
Per concludere, vorrei mostrarvi alcune immagini realizzate da un prof. dell’Università del Wisconsin, appassionato di fotografia, che smentiscono tutto quello che ho detto finora…! Orbene, partendo dal presupposto che non ci stia raccontando una vagonata di balle, il prof. M. Plonsky pubblica a questo indirizzo web alcune fotografie entomologiche a distanza ravvicinata che hanno davvero dello stupefacente (vedi foto n.1 e n.4). Il punto è che costui sostiene di averle realizzate con una PowerShot G1! Ad ogni modo, oltre che i nostri complimenti il professore si merita anche tutta la nostra ammirazione. Per chi fosse interessato, ho trovato la traduzione in italiano del sito del prof. Plonsky al seguente indirizzo.
Ci sono anche un mucchio di consigli interessanti.
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