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La composizione fotografica: forma e trama | Club Fotografia

La composizione fotografica: forma e trama

Forma

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foto n.1: quando la luce illumina le sagome lateralmente, esse diventano forme (ph.: A. Lo Torto - Sils Baselgia, 1999)

A livello esclusivamente definitorio, nell’articolo precedente, abbiamo stabilito che una linea chiusa, illuminata frontalmente o in controluce, si dice sagoma. Ora vediamo che la stessa, ripresa con una luce laterale, prende il nome di forma. In buona sostanza, ciò che da forma alla sagoma è il contrasto fra le zone di luce e quelle d’ombra generato da una “luce di taglio”. Come concetto base, possiamo dire che la differenza tra una semplice sagoma e un soggetto dotato di forma sta tutta nella tridimensionalità di quest’ultimo.
La forma, infatti, ci garantisce che un determinato oggetto, ripreso con luce laterale, manifesti una sua profondità e che, pertanto, possa esistere nel mondo reale. Ancora, questa profondità spaziale, grazie a cui possiamo determinare la forma del soggetto che stiamo fotografando, sappiamo che si crea in virtù del rapporto fra luci ed ombre per cui, logicamente, le foto migliori saranno quelle che scatteremo in una giornata di sole (vi ricordate la differenza tra luce dura e luce morbida? date un’occhiata qui…).

foto n.2: tutta la sensualità... di una distesa di neve! (ph.: Bryan Peterson, 1988)

Abbiamo detto che sagome diverse suggeriscono risposte emotive differenti, ma che cosa succede quando queste sagome acquistano una forma propria? La risposta è abbastanza intuitiva: la terza dimensione, ottenuta grazie all’illuminazione laterale, andrà ad amplificare il messaggio trasmesso. Mi spiego meglio: sagome tonde e linee curve evocano un senso d’interezza, di completezza; tuttavia, quando in virtù della luce esse si trasformano in vere e proprie forme, potrebbero arrivare a somigliare a specifiche parti del corpo umano e comunicare sensualità. Guardate la foto n.2, scattata da Bryan Peterson: ora avete capito che cosa intendo? Pensate che si tratta di dune innevate in una distesa dell’Idaho. Davvero stupefacente.
Quadrati, rettangoli e triangoli, sagome dai bordi netti, acquistando una forma potrebbero suggerire l’operosità umana (vedi foto n.3). Certo, bisogna anche ammettere che, a parte qualche cucuzzolo particolarmente triangolare, le forme con spigoli vivi e netti sono raramente riscontrabili in natura, comunque non impossibili; in ogni caso, le forme “organiche” appariranno sempre un po’ meno aggressive della loro controparte “artificiale”… forse.

foto n.3: la bellezza di certe "forme artificiali" (ph.: Bryan Peterson, 1988)

A seconda dell’importanza che hanno rispetto alle altre componenti visive di un’immagine, le forme possono risultare più o meno evidenti (diciamo che il primo posto spetta di solito ai contrasti cromatici e alle differenze di tonalità). Naturalmente tutti i soggetti hanno una forma, ma quelle più interessanti dal punto di vista grafico sono generalmente le meno ovvie. Infatti, le forme “poco scontate” consentono di disporre i vari elementi di un’immagine intorno a qualcosa di riconoscibile, garantendo all’occhio la soddisfazione di scoprirlo con uno “sforzo visivo” minimo. Detto in soldoni: mentre il valore artistico principale delle linee è quello di indirizzare lo sguardo, le forme (che sono formate dalle linee e ad esse risultano intimamente connesse) hanno lo scopo di organizzare gli elementi di una determinata immagine. Le forme possono racchiudere, raggruppare o escludere i soggetti: l’organizzazione è il cuore di ogni composizione fotografica.

Trama

foto n.4: la sensazione tattile che ci restituisce la trama (ph.: A. Lo Torto per Dr. Scholl, 2005)

La sensazione tattilo-visiva che giunge al nostro cervello quando osserviamo una determinata superficie è generata dalla trama dell’oggetto che stiamo guardando. Non c’è bisogno di cascare dalla moto per capire quanto sia duro l’asfalto (ammazza se lo è!), basta osservare il manto stradale. Un cliente, per cui ogni anno realizzo un catalogo di calzature, mi chiede sempre di “mettere in risalto il materiale con cui vengono fabbricate”. Molti si domanderanno come sia possibile fare una cosa del genere scattando una fotografia. Date un’occhiata alla foto n.4. Vi è più chiaro, ora?!
La trama è un potentissimo veicolo sensoriale: quando è dominante in una composizione fotografica, nell’osservatore viene sollecitata una forte risposta emotiva. Non è un caso che dalla nascita l’essere umano esplori il mondo circostante toccando le cose che ha intorno. Legno, cemento, mattonelle, moquette, ghiaia, fango, linoleum… su quante superfici diverse abbiamo gattonato da piccoli!? Alcune di queste esperienze tattili saranno state sicuramente più piacevoli di altre. Fachiri a parte, si tendono a preferire le cose morbide, lisce, setose; mentre, in linea di massima, si cercano di evitare le superfici grezze, ruvide o seghettate.
Crescendo, queste “percezioni” delle trame saranno state certamente arrichitite e completate da una varietà di aggettivi, positivi e negativi, con cui oggi ci esprimiamo nel linguaggio comune. Una donna con una voce “vellutata” suscita delle sensazioni gradevoli, mentre un uomo con una voce “ruvida” può trasmetterci un senso di minaccia. Ancora, un capoufficio che si esprime in modo “duro” non sarà amatissimo dagli impiegati, invece un atteggiamento più “morbido” lo renderebbe di sicuro più simpatico, ecc.
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foto n.5: una spiaggia inglese (ph.: A. Lo Torto - Devon, UK, 1999)

I modi per usare le trame con successo sono molteplici. Ad esempio, potete sdraiarvi su di una spiaggia sabbiosa, o sui ciottoli in riva ad un lago, e con il grandangolare riempire il primo piano con il disegno del terreno che sfuma in lontananza: un’immagine che di certo evocherà in chi la guarda una sensazione tattile (foto n.5). Inquadrando del ghiaccio frantumato, delle rocce frastagliate o una montagna di bolle di sapone nel lavello della cucina, potremo sicuramente risvegliare sensazioni visive quasi palpabili… Qual’è il modo migliore per farlo? mi domanderete voi – scattando in luce radente, vi rispondo io – ricercando la massima nitidezza.
L’illuminazione laterale (o di taglio, o radente, appunto) è essenziale per accrescere le sfumature tonali in situazioni che, il più delle volte, risultano di fatto “monocromatiche” (!). Infatti, le occasioni più tipiche in cui si vuole accentuare la sensazione di palpabilità di un soggetto sono quelle in cui, per necessità o desiderio, ci avviciniamo alla sua superficie, stringendo molto l’inquadratura. Pertanto, ogni sfumatura della gamma tonale diviene indispensabile se si vuole esaltare efficacemente l’effetto rilievo, così come lo sono la direzione e la qualità della luce presente sulla scena.

foto n.6: inchiniamoci davanti all'aglio... (ph.: Michael Busselle - Canada, 1999)

Un ultimo (ma non per importanza) fattore determinante, se vogliamo ottenere il massimo in fatto di trama e di rilievo dalle nostre foto, è costituito dalla nitidezza. Le raccomandazioni sono sempre quelle:
1. per quanto possibile, impostate sempre il valore ISO più basso;
2. in condizioni di scarsa luminosità e di tempi lunghi, l’uso del treppiedi per tenere la camera il più possibile stabile è come sempre la soluzione migliore;
3. scattate sempre con il diaframma più chiuso che potete: dovete essere in grado di fornire abbastanza profondità di campo (e conseguente nitidezza) a tutti particolari importanti della scena.
Guardate la foto n.6, scattata da Michael Busselle: il massimo in fatto di trama, no?! Buone foto a tutti, ALT

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