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Introduzione alla fotografia di matrimonio: il ritratto agli sposi | Club Fotografia

Introduzione alla fotografia di matrimonio: il ritratto agli sposi

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Rossella e Carlo: ho sempre adorato l’effetto un po’ mosso e la sgranatura all’uscita dalla chiesa… (ph.: A. Lo Torto, 2003)

Da oggi cominciamo a parlare della fotografia di matrimonio un po’ in tutti i suoi aspetti. Settimana dopo settimana, nel corso di quest’estate, ne toccheremo i punti principali, cercando di non trascurarne nessuno, e discuteremo anche di un argomento che molti fotografi tendono a sottovalutare: il marketing. Eh sì, avete capito bene. Specialmente quando si tratta di fotografia di matrimonio – vuoi per la giovane età a cui di solito la si affronta (a inizio carriera), vuoi perché molte volte la superbia tende a farci pensare che noi, in quanto “grandi artisti”, non vogliamo sporcarci le mani con il vile denaro – moltissimi di noi trascurano un aspetto che, se nei nostri piani c’è anche quello di campare con la fotografia, risulta fondamentale per sopravvivere in un mondo sempre più spietato e competitivo. Comunque, cerchiamo di andare per gradi e, come primo argomento, affrontiamo alcuni aspetti tecnici fondamentali, necessari a non fallire come fotografi di matrimoni.

La fotografia di matrimonio

Matrimonio: la “classica” occasione che scatena il fotografo nascosto in ognuno di noi. A volte sono persino gli sposi che, conoscendo la nostra abilità fotografica, ci incaricano di eseguire le riprese (quanti fotografi hanno iniziato la loro carriera proprio in questo modo!). Un compito delicato, perché la fotografia di matrimonio è un genere difficile, che richiede molte competenze. Il fotografo dev’essere un bravo reporter: è chiamato a documentare un avvenimento sul cui svolgimento, ovviamente, non può influire (né tantomeno può far ripetere!). Al tempo stesso è obbligato a riprenderne alcune fasi – come il fatidico scambio degli anelli – che non possono assolutamente mancare. Tempestività, colpo d’occhio e un’attrezzatura affidabile, versatile ed efficiente sono requisiti indispensabili. Ma non basta.

Infatti, le foto che scatta chi è preposto al compito d’immortalare le cosiddette “scene del matrimonio” devono anche essere belle, non soltanto documentative. Deve scattare ritratti agli sposi, eseguire gruppi di parenti ed amici, imbastire brevi “storie per immagini” con gli sposi come protagonisti. Un lavoro che richiede il bagaglio tecnico di un buon fotografo da studio costretto, per forza di cose, a scattare fuori. Ci vogliono l’intuito e la psicologia del ritrattista, capace di rendere non solo l’aspetto esteriore degli sposi, ma anche il loro carattere. Inoltre, gli sposi devono essere sempre belli… anche quando non lo sono! Non è facile essere un buon fotografo di matrimonio. Che lo si faccia per hobby o per professione. Ve lo dice uno che ne ha fatti più di cinquanta…

Un ritratto… per non dimenticare

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Altri tempi, altri sposi… (dall’archivio di F. Rondinelli, Viareggio)

I 5 consigli di base sul ritratto – a cui dedichiamo una ricca sezione del nostro sito (vedi “fotografare le persone”) – sono certamente un buon punto di partenza quando si tratta di produrre una qualsiasi foto di questo genere. Nel caso specifico della fotografia di matrimonio, poi, è nostra intenzione far presenti alcuni ulteriori accorgimenti a cui consigliamo sinceramente di prestare particolare attenzione.

Nel caso vi fosse capitato di sfogliare un album di matrimonio realizzato da un bravo fotografo, vi sarete sicuramente accorti che le immagini contenute non riguardano solamente la cerimonia in chiesa e il pranzo di nozze con l’immancabile taglio della torta. Buona parte delle fotografie, infatti, consiste in ritratti e figure ambientate degli sposi con sfondi particolarmente suggestivi: la vecchia casa, il giardino all’italiana, l’angolo di campagna romantico, ecc.

In linea di principio, la fotografia di matrimonio dovrebbe “spaziare” un po’ in tutti i generi e gli stili, ma senza strafare. Altrimenti si corre il rischio di farle perdere la sua identità. Infatti, può capitare che alcune foto scattate durante i matrimoni arrivino addirittura ad assomigliare ad immagini di moda. Ricordatevi sempre che alla fotografia di moda spetta il compito di descrivere un prodotto: un abito, un accessorio, un gioiello, ecc. La foto di matrimonio non deve invece invogliare a comprare nulla! Non promuove nessuna marca. Perciò cercate di non esagerare ed evitate di ispirarvi troppo a generi che poco o nulla hanno a che fare con il lavoro che state svolgendo… comunque ispiratevi lo stesso!

Confrontando alcuni album realizzati nel tempo, sarà possibile notare un netto cambiamento di “stile”: meno foto di sposi in chiesa e durante il pranzo (o la cena), e più ritratti ambientati. Se guardiamo le immagini scattate agli inizi del Novecento, noteremo che matrimonio e visita di leva erano alcune delle rare occasioni in cui ci si concedeva un ritratto. E le foto erano compostissime riprese effettuate per lo più in studio (con drappi e tendoni come sfondo; magari contornati da una lampada ad olio su un tavolino liberty, con lui in piedi e a petto in fuori, e lei timidamente seduta sul canapè… un’ingenuità disarmante). Le immagini scattate in chiesa erano una stravaganza da ricchi – obbligavano a superare delle difficoltà tecniche non indifferenti: il flash elettronico non era ancora stato inventato e le emulsioni (pellicole) non erano certo i CCD con cui sono equipaggiati gli ultimi modelli della Nikon!

Tenete sempre presente che un buon ritratto non s’improvvisa. Come abbiamo detto in più di un’occasione, per ottenere dei risultati accettabili, il fotografo deve possedere una certa dose di psicologia: per fare sentire a suo agio chi deve fotografare, gli sarà d’aiuto leggergli meglio nell’animo… lo so, sembra facile a dirsi in questo modo, ma vi assicuro che l’esperienza fa tantissimo. Dopo anni di foto di matrimonio, anche ad un “orso” come il sottoscritto certe cose vengono con una naturalezza prima impensabile. Ed uno sforzo – fisico e mentale – molto contenuto rispetto ai primi tempi. La differenza tra un buon ritratto ed uno mediocre sta tutta nella capacità del fotografo di rendere la personalità del soggetto: nel caso specifico del matrimonio, la sua felicità in quel momento.

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Francesca (ph.: A. Lo Torto, 2005)

Importantissima è la scelta del punto di ripresa. Addirittura più della lunghezza focale utilizzata. Le cosiddette “deformazioni” nell’aspetto di un volto o di una figura, non sono causate dalla focale dell’obiettivo, ma dalla distanza tra fotocamera e soggetto (altrimenti tutti i grandangolari deformerebbero le immagini! Quale sarebbe la loro utilità?!). Più questa distanza è breve, più queste deformazioni risulteranno evidenti. Inoltre, un punto di ripresa relativamente distante farà sicuramente sentire molto più a suo agio i nostri sposi e renderà i loro atteggiamenti molto più spontanei (e poi, non è giusto stare troppo addosso alle persone!). L’uso di un teleobiettivo moderato è la scelta più adeguata e versatile per ottenere il ritratto migliore: un 150mm se scattiamo con un formato 6×6 cm, o un 90mm con un 24×36 mm.

L’importanza della luce

L’atmosfera che desideriamo conferire alla nostra fotografia sta nel contrasto tra l’illuminazione del soggetto e quella dello sfondo. Esiste sempre una corrispondenza tra la luce di una scena e l’impressione che suscita la foto in chi la guarda. Un’illuminazione diffusa, morbida, che piove sul soggetto da ogni parte è, di solito, quella che più si adatta al genere di matrimonio.

Bisogna anche considerare che a modelli non professionisti (come i nostri sposi) non piace sentirsi sotto la luce intensa dei proiettori, scrutati dall’occhio senza emozioni dell’obiettivo; ciò genera un malessere che si traduce in pose rigide, muscoli contratti, sorrisi forzati che sembrano smorfie. Difficilmente riusciremo a ottenere un buon risultato in queste condizioni. La luce morbida (vedi: differenza tra luce dura e luce morbida), che avvolge totalmente la scena –  facilitando esposizione e lavoro del fotografo, in quanto non necessita di un attento studio delle ombre e dei rapporti di luminosità tra sfondo e primo piano – è sicuramente la meno problematica. In tutti i sensi. Dei visi giovani viene messa ancora in risalto la lucentezza e la freschezza della pelle, mentre a quelli meno giovani, questo genere di illuminazione riduce e, a volte, persino cancella piccole rughe e
impefezioni varie. Tenete presente che se siamo abituati ad accettare soggetti maschili con qualche ruga d’espressione sul volto, difficilmente accettiamo gli stessi segni del tempo sul volto di una sposa…

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Francesca e Andrea: luce diffusa, ottenibile grazie al rimbalzo del lampeggio su di un soffitto bianco (ph.: A. Lo Torto, 2002)

La luce morbida, quasi sempre consigliabile per i ritratti, erroneamente a quanto si crede, non “annulla” i tratti del viso. Quelli importanti e caratteristici risultano sempre ben evidenti: specialmente occhi e bocca. Ha un solo difetto, lo ammetto: tende un
po’ ad “allargare” il volto. Pertanto, per i visi già troppo tondi, consiglio di aumentare la distanza tra punto di ripresa e soggetto e di cercare di riprenderlo magari non proprio completamente di fronte, ma di tre quarti o leggermente voltato di lato. Questi accorgimenti dovrebbero attenuarne l’effetto.

ATTENZIONE: scattando con luce molto diffusa, proprio per questa sua caratteristica di attenuare le differenze d’lluminazione tra sfondo e primo piano, è necessaria una particolare cura nella valutazione dell’esposizione (vedi la sez. dedicata all’argomento).

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